
Durante il mio secondo viaggio in Myanmar, ho deciso di esplorare l’area sud-orientale del Chin State, il più occidentale e anche il più povero degli stati birmani.
Qui, non lontano dalle stupende montagne che compongono il Nat Ma Taung National Park, si trova il piccolo paese di Mindat, un luogo distante circa sette ore da Bagan e raggiungibile solo tramite una strada tortuosa, polverosa e piena di buche. Fino a pochi anni fa, l’area di Mindat era chiusa al turismo o per meglio dire, vi si poteva accedere solo con particolari permessi, ora invece la strada è aperta a tutti. Ma cosa spingerebbe un viaggiatore a venire fin qui?
La bellezza di Mindat non sta nelle pagode o nei suoi templi, bensì nella sua popolazione. Qui, affacciate all’ingresso di piccole case di legno dai tetti spioventi, vivono le donne dal volto tatuato, ultime appartenenti ad una delle minoranze etniche più interessanti che abbia mai visto. Trovarmele davanti è stata una cosa pazzesca; all’inizio non capivo bene se era tutto reale oppure se ero la spettatrice di uno di quei documentari che avevo visto molte volte.
Quando ho capito che quelle donne erano lì in carne ed ossa, il mio entusiasmo era alle stelle! In seguito mi ha anche assalito la consapevolezza che tra qualche decennio tutta questa tribù diventerà un ricordo che i posteri troveranno solo sulle pagine dei libri di storia, ma per adesso non è il caso di farsi assalire da questo pensiero malinconico.
Ora è tempo di conoscere meglio queste donne e quel che si cela dietro i loro tatuaggi.


L’ORIGINE DELLA TRIBU’
Ci sono varie teorie riguardo all’origine di questa tribù, ma la più accreditata è quella risalente all’epoca del feudalesimo: sembra che a quel tempo le donne Chin fossero note in tutto il territorio per la loro bellezza e che i re di tutto il Myanmar le scegliessero sempre per averle come concubine. Così, per ovviare a questa angheria e proteggere le donne che lasciavano in massa la propria terra di origine, l’applicazione del tatuaggio facciale divenne una pratica comune. Altre teorie sostengono che il tatuaggio è stato introdotto per rendere le donne più belle, o, più plausibilmente, come metodo per identificare la propria tribù di appartenenza.
I TATUAGGI
Anticamente, a partire già dai 14/15 anni, le donne presentavano i tatuaggi che venivano realizzati con gli spini delle piante selvatiche e l’inchiostro ricavato da sangue di bue, cenere, grasso animale e altre foglie presenti in natura. La tecnica di realizzazione era molto dolorosa, soprattutto sulla zona intorno agli occhi. Come se non bastasse, se i tatuaggi non era molto evidenti, la procedura veniva ripetuta più volte finchè i segni tribali non fossero ben visibili. A Mindat esistono tre diversi tipi di disegni facciali:
- i Muun, riconoscibili da una serie di piccoli anelli concatenati che disposti a mezzaluna scendono dalle guance fino al collo a forma di lettera B.
- i Daai Chin, composti da linee verticali che seguono le linee del viso ed accompagnate da puntini.
- I Ma Kaam che si distinguono per i diversi puntini verticali, diffusi sulla fronte e sul mento.
Nel 1960 il governo birmano ha vietato ufficialmente questa pratica ma, nonostante questo, qualche donna ha continuato lo stesso a farsi un tatuaggio facciale, l’ultimo dei quali è stato realizzato nel 1994. Oggi a Mindat rimangono circa duecento donne dal volto tatuato, la maggior parte delle quali sono molto anziane. Personalmente, ho trovato veramente forte osservare queste persone, in quanto il tatuaggio facciale non è un oggetto che puoi togliere e mettere a tuo piacimento ma è una cosa veramente importante che porti con te per tutta la vita. Il fatto che queste donne siano molto vecchie e che la pratica tatuatoria non abbia più un seguito, le rende di fatto una razza in via d’estinzione e ciò lascia un po’ di amaro in bocca.


LA RELIGIONE
Anche a livello religioso questa zona è diversa dal resto Myanmar buddista: qui il culto più seguito è il cristianesimo, introdotto in seguito alla colonizzazione inglese avvenuta a fine Ottocento. Nonostante questo, le chiese tutt’oggi convivono con la forte presenza di antiche tradizioni come l’animismo, ovvero il culto di oggetti, luoghi ed esseri materiali ai quali viene attribuito una qualche qualità divina. La popolazione locale si affida ancora agli sciamani, figure importanti per la comunità, che celebrano tuttora riti propiziatori in stretta connessione con la terra. In merito all’esperienza religiosa, ho un aneddoto da raccontarvi. Mentre camminavo casualmente per una strada di Mindat, un uomo mi ha fermato chiedendomi se fossi interessata a visitare la chiesa. Infatti quel giorno era proprio domenica e da lì a qualche minuto si sarebbe celebrata la messa, un’occasione da non perdere né per i locali né per me, che ero parecchio incuriosita. Partecipare ad una messa cattolica in un paese principalmente buddista è una cosa molto interessante a livello sensoriale. Dovreste provarlo anche voi!
LA MIA ESPERIENZA A MINDAT
In questo sperduto paesino birmano le persone sono molte curiose e ospitali; la maggior parte di loro vive in case di legno con lo stretto necessario e le donne dal volto tatuato si possono incrociare anche solo passeggiando per la strada, oppure al mercato. Ho anche trovato molto divertente il fatto di aver dovuto cambiare il mio modo di comunicare; infatti qui pochissimi parlano inglese e il modo migliore d’intendersi è parlare a gesti oppure attraverso delle foto e, proprio grazie a quest’ultima modalità, ho fatto l’incontro più bello della mia trasferta a Mindat. Quando sono arrivata qui, il mio scopo era anche quello di conoscere l’ultima donna che suona il flauto con il naso, una vera e propria star in paese e non solo. Non conoscevo il suo nome, quindi per aiutarmi avevo salvato una sua foto sul telefono, in modo tale da far vedere alle persone che incontravo, la donna che stavo cercando. Inizialmente sembrava che nessuno la conoscesse o almeno quella era la sensazione che avevo fintanto che, cammina cammina, non sono entrata in un negozietto dove ho fatto vedere l’immagine alla proprietaria che mi ha prontamente indicato con il dito una casa poco distante. Una volta avvicinatami all’uscio, c’era una donna che non appena mi vide mi chiese in un inglese molto semplice: “Tu cerchi mia mamma?”. Allora io le ho fatto vedere la foto e lei mi ha detto: “Si, lei è mia mamma!”. Dopo pochi attimi mi ha fatto entrare in questa baracca di legno, piena di poche cose essenziali, in pieno stile birmano, e una volta dentro, da dietro una porta uscì Daw Yaw Shen, un’anziana signora di 94 anni dondolante e con la schiena curva, vestita con abiti scuri, dalle lunghe collane e dai grandi orecchini colorati. Era lei la vecchina che stavo cercando! Non appena si sedette proprio di fronte a me, iniziò a suonare il flauto con il naso e la melodia che riusciva a tirar fuori da quel rudimentale strumento era uno spettacolo di una tale bellezza che mi ha fatto venire la pelle d’oca.


CONSIDERAZIONI PERSONALI
Semmai verrete a fare un giro da queste parti, ricordatevi una cosa molto importante: le donne di Mindat sono delle persone e non degli oggetti! Prima di fare una foto è cortesia chiedere se hanno piacere, perchè non tutte vorranno essere immortalate ed è giusto rispettare la loro volontà. Le varie guest house organizzano dei tour in scooter nei villaggi vicini a Mindat al costo di 25000 kyat (più 30 $) da dividere tra i vari partecipanti e in questo caso, al costo di 5000 kyat, si possono fare le foto alle persone. Io però ho deciso non partecipare al tour ma di andare da sola e camminando nei villaggi intorno a Mindat, ho trovato sia donne che non volevano farsi fotografare sia quelle che si sono messe subito in posa e anche quelle che addirittura hanno indossato il vestito tradizionale del Chin State prima di sottoporsi ad una raffica di scatti. L’importante è sempre essere educati e rispettare la loro volontà. Vi consiglio inoltre di visitare il piccolo museo etnico del paese, un luogo costruito per volontà del proprietario, che contiene una serie di interessanti manufatti provenienti dai villaggi circostanti Chin. L’ho trovata una visita molto utile perchè mi ha permesso di capire meglio quello che avevo intorno a me.
COME ARRIVARE A MINDAT
• Da Bagan: dopo il mercato Nyaung-U sotto un albero vicino alla rotonda parte un autobus alle 6.30 che in poco più di un’ora arriva a Pakokku al costo di 3000 kyat. A Pakokku ci sono tre stazioni dell’autobus, da quella di Myoma Road parte il minivan per Mindat al costo di 8000 kyat e ci impiega circa 6/7 ore inclusa la pausa pranzo. Io ho preso l’autobus alle 9 ma c’è un autobus dopo alle 13.00. Anche i vari ostelli da Bagan organizzano gli spostamenti per Mindat e il costo è di 20000 kyat, in questo caso vengono a prendervi direttamente in ostello.
• Da Mandalay ci sono minivan diretti per Mindat e viceversa


DOVE DORMIRE A MINDAT
A Mindat non ci sono molte strutture ricettive ma vi segnalo la Tun Guest House e la Victoria Guest house, che ho prenotato al costo di 15000 kyat e che si trova proprio di fronte al mercato. Tenete conto che l’acqua calda non c’è e le temperature sono più fredde rispetto a Bagan o Mandalay, il bagno è in comune, nessuno ha il WI FI e la corrente è disponibile solo qualche ora la sera. Non ci sono ATM quindi abbiate dei contanti sempre con voi.
In conclusione, passare qualche giorno a Mindat equivale ad un tuffo nel passato. Avere avuto anche la possibilità di sconnettersi dal mondo è un’esperienza assolutamente necessaria per capire meglio il valore delle cose che abbiamo e soprattutto quello della diversità. Ho avuto la possibilità di immergermi in una tradizione secolare che andrà a scomparire; questa sarà un’esperienza di vita che custodirò sempre nel mio cuore e che ho voluto omaggiare con alcune foto che sono state esposte al London Photo Show nel 2020.
Mariarita
Una storia incredibile! Non ne avevo mai sentito parlare, deve essere stato davvero emozionante come dici trovarti lì davanti a loro. E hai scattato delle foto degne da reportage su NatGeo!
Stefania
Mi hai rapito con questo racconto!!! A dir poco affascinante e culturalmente molto interessante
ALICE RAINERI
ciao Miriam, arrivando sul tuo blog ho visto tanti articolo sull’Asia, un continente che amo anche io!
Questa antica tribù birmana non la conoscevo, non ne avevo mai sentito parlare. Mi hai fatto fare un tuffo nel passato, ma anche mi è dispiaciuto sapere che saranno destinate a scomparire (anche se questa pratica dolorosa non dev’essere piacevole per loro!). Ho apprezzato molto il tuo consiglio sul rispetto, sempre e comunque!